Agenzie private diffuse soprattutto al Nord e centri per l’impiego prevalentemente pubblici al Sud. E’ la fotografia di un Paese ancora diviso in due, quella scattata dal Rapporto Isfol 2005 sui servizi per il lavoro. Le 449 agenzie private autorizzate dal ministero del Welfare, dopo la riforma Biagi, a svolgere attività di intermediazione tra domanda e offerta di manodopera, infatti, si concentrano in corrispondenza dei principali distretti produttivi e nelle grandi città (170 società solo a Milano, 26 a Torino, 25 a Roma e 23 a Bologna). Con un tasso di copertura molto più elevato nelle regioni settentrionali. Se la media nazionale si attesta su 1,4 sedi ogni mille disoccupati, in Lombardia sale a 5,18, in Emilia Romagna a 4,67, in Veneto a 4,25 e in Friuli Venezia Giulia a 4,02. I centri per l’impiego, che hanno sostituito i vecchi uffici di collocamento, invece, rappresentano ancora il punto di riferimento prevalente per chi cerca lavoro nel Mezzogiorno. Mediamente, a livello nazionale, ognuno dei 532 centri pubblici ’serve’ un bacino di 1.410 disoccupati. Ma, se ai centri per l’impiego si sommano le nuove agenzie per il lavoro, il valore si abbassa a 473 persone in cerca di occupazione per ogni struttura, sia essa pubblica o privata. Un sistema ’misto’ che sembra giovare anche alla qualità dei servizi offerti a cittadini e imprese, diventati - secondo il monitoraggio dell’Isfol - più moderni, meno burocratici, più flessibili e sempre più specializzati verso le esigenze degli utenti. “Analogamente a quanto osservabile in altre realtà nazionali a livello europeo - spiega l’Isfol - anche nel nostro Paese sembra emergere una certa complementarietà tra i due sistemi. Da una parte il pubblico che, oltre a lavorare per l’intermediazione, svolge un ruolo istituzionalmente e socialmente orientato a servire l’offerta di lavoro (anche con riferimento ai target d’utenza svantaggiati), per prevenire e contrastare la disoccupazione e garantire interventi a sostegno dell’occupabilità degli individui. Dall’altra, il privato sembra tendere per lo più a specializzarsi nella funzione di intermediazione intesa in senso stretto e sul versante della domanda (servizi alle imprese), soddisfacendone le esigenze di lavoro flessibile e le richieste di qualifiche sia a bassa specializzazione sia ad alto contenuto professionale”. Per gli operatori privati, quindi, sono diversi gli obiettivi che presiedono alle strategie di ubicazione. “La dinamica produttiva, la specializzazione e il contesto urbano - osserva l’Isfol - sono i principali fattori che influiscono sulla distribuzione delle sedi. Cosi’ come la conoscenza delle dinamiche territoriali locali agisce nella propensione di un operatore ad espandersi attraverso una più o meno fitta rete di filiali”. “Il Rapporto Isfol 2005 ci dice che i servizi pubblici all’impiego sono migliorati dal punto di vista della loro capacità di erogare il servizio. Tuttavia, la massa critica di coloro che si rivolgono ai servizi all’impiego è ancora molto bassa. Abbiamo bisogno, quindi, di creare l’attitudine a usare i servizi del mercato del lavoro, in un Paese che non ha mai conosciuto questi servizi né una Borsa del lavoro e la possibilità di incontro efficiente tra domanda e offerta”. Così il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, commenta con LABITALIA la rilevazione dell’Isfol. “Allora è importante - prosegue Sacconi - che i servizi pubblici capiscano la necessità di un rapporto di collaborazione e competizione con gli operatori privati, che non sono solo dei competitori. Sono anche utili collaboratori per creare mercato, per creare volumi di persone e di imprese che si rivolgono ai servizi per cercare ciò che desiderano, ossia un lavoro o un lavoratore. La Borsa nazionale del lavoro è proprio il luogo dell’integrazione tra pubblico e privato - conclude Sacconi - dove tutti si connettono a questo sistema, lo alimentano e se ne avvalgono. E’ proprio questo che fa quadrare il cerchio. Se, invece, questi sistemi preferissero lavorare in un mercato opaco, farebbero tra di loro concorrenza sul poco, come ancora purtroppo è nella situazione attuale”. LabItalia
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